ITALIA STARTUP HUB – Online il nuovo portale per favorire la permanenza in Italia di innovatori non comunitari
Dallo scorso 22 aprile 2016, la famiglia dei siti web istituzionali del Ministero dello Sviluppo Economico si è arricchito di un nuovo componente: il portale dedicato al programma Italia Startup Hub.
Lanciato a fine 2014, sul modello del già esistente Italia Startup Visa, il programma Italia Startup Hub introduce una notevole semplificazione per i cittadini non Ue che desiderano avviare una startup innovativa nel nostro Paese. Se Italia Startup Visa (ISV) si rivolge a chi si trova nel Paese d’origine e desidera ottenere un visto per lavoro autonomo startup per l’Italia, Italia Startup Hub (ISH) mira a favorire nel nostro Paese la permanenza di coloro che già vi si trovano, ma per ragioni diverse dall’attività imprenditoriale.
Dato il particolare pubblico a cui tali politiche si rivolgono, i portali dedicati ai programmi ISV e ISH costituiscono un esperimento pionieristico nell’ambito della comunicazione istituzionale italiana.
I siti sono interamente redatti in lingua inglese, con un forte accento su leggibilità e facilità di consultazione, e hanno inoltre l’obiettivo di presentare ai potenziali imprenditori innovativi non UE l’ecosistema Startup italiano, grazie ad una mappa dell’ecosistema in cui è possibile visualizzare la localizzazione geografica delle oltre 5.500 startup innovative registrate.
Tutti i documenti necessari a fare domanda sono liberamente scaricabili dal sito: la domanda stessa viene presentata tramite email ordinaria, rispettivamente agli indirizzi italiastartupvisa@mise.gov.it (ISV) e italiastartuphub@mise.gov.it (ISH).
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Fonte: www.tuttocamere.it
MODULISTICA REGISTRO IMPRESE E REA – Nuovo aggiornamento delle specifiche tecniche
E’ stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 2016, il Decreto Direttoriale 11 aprile 2016, recante “Approvazione delle specifiche tecniche di cui al decreto 18 ottobre 2013, per la creazione di programmi informatici finalizzati alla compilazione delle domande e delle denunce da presentare all’ufficio del registro delle imprese per via telematica o su supporto informatico”.
Con l’attuale decreto vengono apportate integrazioni al decreto ministeriale 18 ottobre 2013, da ultimo modificato con decreto ministeriale 22 giugno 2015, con l’aggiunta di:
– nuovi codici relativi a nuovi 25 Comuni derivanti dalla fusione di Comuni preesistenti;
– un apposito codice relativo alle «società benefit», di cui all’art. 1, commi, da 376 a 384 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016);
– nuovi codici inerenti adeguamenti di autorizzazioni all’assolvimento del bollo virtuale;
– uno specifico codice, nella «tabella denominazioni licenza», per la «licenza taxi».
Fonte: www.tuttocamere.it
INTERESSI DI MORA – Dallo scorso 15 maggio scesi al 4,13 per cento in ragione annuale – Meno oneroso il tardivo pagamento
A decorrere dal 15 maggio 2016, gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono determinati nella misura del 4,13 per cento in ragione annuale.
Lo ha stabilito l’Agenzia delle Entrate che, con Provvedimento del 27 aprile 2016, Prot. n. 60535/2016, sulla base della media dei tassi bancari attivi con riferimento al periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2015, stimata dalla Banca d’Italia.
In calo di 0,75 punti percentuali, rispetto all’anno scorso, il tasso di interesse da applicare nelle ipotesi di ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo, ossia decorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella.
Un’ulteriore diminuzione, quindi, dopo quella sancita nel 2015, quando la misura del tasso annuale passò, sempre con decorrenza 15 maggio, dal 5,14 al 4,88 per cento.
Gli interessi di mora, come prescritto dall’articolo 30 del D.P.R. n. 602/1973, vengono applicati, una volta trascorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, sulle somme iscritte a ruolo (escluse le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi), a partire dalla stessa data di notifica della cartella e fino al giorno in cui avviene il pagamento.
La determinazione del tasso di interesse in questione, come previsto dall’art. 13 del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 159, è stabilita annualmente.
Fonte: www.tuttocamere.it
SOCIETA’ COOPERATIVE – Dal CNDCEC le linee guida per la redazione dei bilanci
“Le peculiarità delle società cooperative nella redazione di bilanci e nella gestione aziendale”. E’ il titolo di un Quaderno del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperi Contabili (CNDCEC), redatto grazie al lavoro della Commissione di studio per i principi contabili presieduta dal prof. Capodaglio.
Lo studio fornisce una approfondita analisi delle principali tipicità contabili delle aziende cooperative, focalizzando l’attenzione sugli elementi amministrativo-contabili e di informativa finanziaria, fornendo gli opportuni richiami ai connessi aspetti di gestione aziendale e agli elementi fiscali.
La finalità del documento, sviluppato nella forma di “Quaderno”, è quella di fornire ai professionisti e agli operatori del settore delle linee guida, prospettando soluzioni condivise in un contesto normativo particolarmente frammentario.
Il documento è suddiviso nei seguenti quattro capitoli:
1) La mutualità delle società cooperative;
2) I ristorni;
3) Le riserve divisibili e indivisibili;
4) Il prestito sociale e i finanziamenti con capitale di rischio.
Il documento tratta e si concentra sulle problematiche di bilancio, analizzando ambiti di interesse, quali l’informativa di bilancio inerente elementi tipici delle società cooperative (per es., in tema di trattamento riserve o del prestito sociale), il calcolo della mutualità prevalente, o il trattamento contabile dei ristorni.
Le previsioni contabili esaminate dal documento tengono debitamente conto delle revisioni della disciplina del bilancio introdotte dal c.d. Decreto bilanci (D.Lgs. n. 139/2015), entrate in vigore dal 1° gennaio 2016.
Fonte: www.tuttocamere.it
SPORTELLO UNICO PER LE ATTIVITA’ PRODUTTIVE – Siglato protocollo tra ANCI e Unioncamere per estendere l’utilizzo della piattaforma “impresainungiorno”
I Comuni italiani e le Camere di Commercio rafforzano l’alleanza sullo Sportello unico per le attività produttive (SUAP).
Un Protocollo, siglato in data 27 aprile 2016 dal presidente dell’ANCI, dal presidente di Unioncamere e dal presidente di InfoCamere, fissa l’obiettivo di estendere l’utilizzo della piattaforma “impresainungiorno” al maggior numero di Comuni italiani, affinché gli adempimenti svolti dagli imprenditori per l’avvio e l’esercizio della propria attività siano non solo interamente digitali ma anche omogenei e standardizzati.
La piattaforma digitale www.impresainungiorno.gov.it costituisce il punto unico di contatto a livello nazionale per consentire all’utenza di accedere ai servizi degli Sportelli unici per le attività produttive.
Il SUAP telematico, che tra l’altro offre anche informazioni e assistenza diretta all’utenza, ha ottenuto in 5 anni di operatività ottimi risultati e rappresenta un esempio di buona pratica amministrativa: 250mila visitatori al mese, 600mila i procedimenti digitali completati dai 3.390 Comuni (il 40% del totale) che, sulla base di un rapporto di delega o di convenzione con le Camere di Commercio, hanno adottato la piattaforma digitale.
Il Protocollo prevede, quindi, un impegno di ANCI e di Unioncamere per promuovere l’utilizzo dei servizi di “impresainungiorno” da parte di quei Comuni che finora hanno adottato differenti soluzioni digitali affinché considerino l’opzione di adesione al portale nazionale per uniformare il servizio offerto agli imprenditori del territorio.
LINK:
http://www.unioncamere.gov.it/download/5697.html
http://www.impresainungiorno.gov.it
Fonte: www.tuttocamere.it
COOPERATIVE FANTASMA – Aumentati i controlli da parte del Ministero del Lavoro – Su 934 cooperative ispezionate, 470 sono risultate irregolari
Continuano le attività di vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sul settore cooperativistico per contrastare in maniera efficace le false cooperative, ovvero quelle realtà pseudo-imprenditoriali che, invece di perseguire scopi mutualistici, agiscono in spregio dei diritti dei lavoratori e delle regole della sana concorrenza al solo fine di massimizzare il profitto.
Il Ministero del Lavoro, in una nota pubblicata sul proprio sito istituzionale il 27 aprile 2016, informa che, rispetto al 2015, nel primo trimestre del 2016 i dati relativi ai controlli effettuati registrano un incremento sia “quantitativo” che “qualitativo”, cioè legato ad una più efficace scelta degli obiettivi da sottoporre ad ispezione.
Più in particolare, sotto il profilo quantitativo, nel 2015 si registrano su media trimestrale 905 cooperative ispezionate, mentre nei primi tre mesi del 2016 sono 934.
Sotto il profilo qualitativo, del totale delle cooperative sottoposte ad ispezione, 470 sono risultate irregolari (oltre il 50%), facendo emergere 3.768 lavoratori irregolari (nel 2015 sono stati 3.580), di cui 399 “in nero” (294 nel 2015).
Aumentano anche le diffide accertative, cioè i provvedimenti finalizzati al recupero immediato della retribuzione di lavoratori sottopagati: nei primi tre mesi del 2016 si registrano 1.160 provvedimenti a fronte di 695 nel 2015.
Fonte: www.tuttocamere.it
SCIA – Illegittimo il controllo oltre i 30 giorni previsto dalla legge regionale – Sentenza della Corte Costituzionale
Risulta costituzionalmente illegittima la disposizione della Legge regionale, che, consentendo all’amministrazione di intervenire in via inibitoria o repressiva sull’attività intrapresa in base a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) o a dichiarazione di inizio attività (DIA), dopo il termine previsto dalla Legge statale, senza le garanzie imposte dal legislatore viola un principio fondamentale della materia del governo del territorio.
Con la sentenza n. 49 del 9 marzo 2016 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale – 1a Serie speciale – Corte Costituzionale, n. 11 del 16 marzo 2016) la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 84-bis, comma 2, lettera b), della Legge della Regione Toscana 3 gennaio 2005 n. 1, recante “Norme per il governo del territorio”.
In tale articolo – inserito dall’art. 22 della L.R. 5 agosto 2011, n. 40 – al comma 2, si stabilisce che “Nei casi di SCIA relativa ad interventi di cui all’articolo 79, comma 1, lettere b), d), e) ed f) e di cui all’articolo 79, comma 2, lettere a), b), c) ed e), decorso il termine di trenta giorni di cui all’articolo 84, comma 6, possono essere adottati provvedimenti inibitori e sanzionatori qualora ricorra uno dei seguenti casi:
- a) in caso di falsità o mendacia delle asseverazioni, certificazioni, dichiarazioni sostitutive di certificazioni o degli atti di notorietà allegati alla SCIA medesima;
- b) in caso di difformità dell’intervento dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici generali, degli atti di governo del territorio o dei regolamenti edilizi;
- c) qualora dall’esecuzione dell’intervento consegua pericolo di danno per il patrimonio storico-artistico, culturale e paesaggistico, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale.”.
In particolare, per i giudici della Corte Costituzionale la normativa regionale in esame, nell’attribuire all’Amministrazione un potere di intervento, lungi dall’adottare una disciplina di dettaglio, ha introdotto una normativa sostitutiva dei principi fondamentali dettati legislatore statale; andando a toccare i punti nevralgici del sistema elaborato nella legge sul procedimento amministrativo. Ciò comporta l’invasione della riserva di competenza statale alla formulazione di principi fondamentali, con tutti i rischi per la certezza e l’unitarietà della disciplina che tale invasione comporta.
Secondo il TAR per la Toscana, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, la disposizione impugnata sarebbe viziata in quanto consentirebbe all’Amministrazione di esercitare poteri sanzionatori per la repressione degli abusi edilizi, anche oltre il termine di trenta giorni dalla presentazione della SCIA, in un numero di ipotesi più ampio rispetto a quello previsto dai commi 3 e 4 dell’art. 19 della L. n. 241 del 1990.
Il contrasto tra la disciplina statale e quella regionale comporta pertanto ad avviso del TAR per la Toscana la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità con riguardo alla violazione dei principi fondamentali in materia edilizia, rientrante in quella più generale del governo del territorio, oggetto di competenza legislativa concorrente ex art. 117 comma terzo della Costituzione, in quanto la disciplina statale dei titoli edilizi costituisce norma di principio.
La Corte Costituzionale ritiene fondato tale profilo di illegittimità della norma.
Fonte: www.tuttocamere.it
PRINCIPIO CONTABILE OIC 29 – Pubblicata in consultazione la bozza – Osservazioni da inviare entro il 31 maggio 2016
L’Organismo Italiano Contabilità (OIC), nell’ambito del progetto di aggiornamento dei principi contabili nazionali, avviato a seguito delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 139/2015 di recepimento della Direttiva 34/2013/UE, ha pubblicato in consultazione la bozza del principio contabile OIC 29, che disciplina il trattamento contabile e l’informativa da fornire nella nota integrativa degli eventi che riguardano:
– i cambiamenti di principi contabili;
– i cambiamenti di stime contabili;
– la correzione di errori;
– i fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio.
Il presente principio si applica alle società che redigono il bilancio in base alle disposizioni del Codice civile, che vengono riportate nel capitolo “I cambiamenti di principi contabili, i cambiamenti di stime contabili, le correzioni di errori, i fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio nella legislazione civilistica” in calce al documento.
La precedente edizione del principio è stata pubblicata nell’agosto 2014 ed aggiornava la versione del luglio 2005.
I professionisti interessati sono invitati a far pervenire eventuali osservazioni non oltre il 31 maggio 2016 all’indirizzo e-mail staffoic@fondazioneoic.it o via fax al numero 06.69766830.
LINK:
http://www.fondazioneoic.eu/?p=12443
Fonte: www.tuttocamere.it
SPRECHI ALIMENTARI – 60 mila quintali di latte agli indigenti da nuovo progetto di recupero degli sprechi
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con un comunicato stampa del 26 aprile 2016, ha reso noto che si è tenuta la riunione del Tavolo permanente di coordinamento del Fondo nazionale indigenti. Durante l’incontro è stata condivisa con i partecipanti, tra i quali rappresentanti delle istituzioni interessate come il Ministero del Lavoro, degli enti caritativi, dell’industria, della grande distribuzione e della ristorazione, la proposta del Ministro Maurizio Martina e del Vice Ministro Andrea Olivero di sperimentare per la prima volta un modello di intervento che prevede l’acquisto a favore degli indigenti di latte crudo da trasformare in UHT per ridurre gli sprechi potenziali del settore a seguito della fine delle quote latte.
Una prima tranche di acquisti verrà effettuata già nelle prossime giornate con una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro e con un quantitativo di circa 60 mila quintali.
Questa prima decisione sarà ulteriormente rafforzata con uno stanziamento che raggiungerà complessivamente i 10 milioni di euro per un equivalente di 300 mila quintali di latte.
L’operazione garantirà così agli enti caritativi la disponibilità del latte che rappresenta uno dei prodotti più distribuiti nei programmi di assistenza alimentare.
LINK:
https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/10029
Fonte: www.tuttocamere.it
L’accesso abusivo alla casella di posta elettronica altrui è reato – Sentenza della Cassazione Penale
L’accesso abusivo all’altrui casella di posta elettronica configura il reato di cui all’art. 615-ter del Codice penale, essendo detta casella uno “spazio di memoria”, ossia una porzione della complessa apparecchiatura, fisica e astratta, destinata alla memorizzazione delle informazioni, protetto mediante apposizione di una password in modo tale da rivelare la chiara volontà dell’utente di farne uno spazio a sé riservato, e nella disponibilità del suo titolare, identificato da un account registrato presso un provider del servizio.
È quanto ha chiarito la Cassazione Penale, Sez. V, nella Sentenza n. 13057 depositata il 31 marzo 2016, confermando la condanna di 6 mesi di reclusione inflitta in appello ad un uomo che, approfittando della sua qualità di responsabile dell’ufficio di polizia provinciale e dell’assenza temporanea del collega, si introduceva nella sua casella di posta elettronica protetta da password, e dopo aver preso visione del contenuto di numerosi documenti, aprendoli, ne scaricava due.
Ricordiamo che l’art. 615-ter C.P. è stato aggiunto dall’art. 4, della l. 23 dicembre 1993, n. 547 e prevede, al comma 1, che chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.
Per i Giudici della Cassazione la casella di posta elettronica rappresenta, inequivocabilmente, un “sistema informatico” rilevante ai sensi dell’art. 615-ter del Codice penale in quanto non è altro che uno spazio di memoria di un sistema informatico destinato alla memorizzazione di messaggi, o informazioni di altra natura (immagini, video, ecc.), di un soggetto identificato da un account registrato presso un provider del servizio. E l’accesso a questo “spazio di memoria” concreta, chiaramente, un accesso al sistema informatico, giacchè la casella non è altro che una porzione della complessa apparecchiatura – fisica e astratta – destinata alla memorizzazione delle informazioni.
Allorché questa porzione di memoria sia protetta – come nella specie, mediante l’apposizione di una password, in modo tale da rivelare la chiara volontà dell’utente di farne uno spazio a sè riservato – ogni accesso abusivo allo stesso concreta l’elemento materiale del reato di cui all’art. 615-ter del Codice penale.
I sistemi informatici rappresentano, infatti, «un’espansione ideale dell’area di rispetto pertinente al soggetto interessato, garantita dall’art. 14 Cost. e penalmente tutelata nei suoi aspetti più essenziali e tradizionali dagli artt. 614 e 615».
I Giudici hanno, quindi, rigettato l’equiparazione – fatta dalla difesa del ricorrente – della casella di posta elettronica alla “cassetta delle lettere” collocata nei pressi dell’abitazione, poiché detta “cassetta” non è affatto destinata a ricevere e custodire informazioni e non rappresenta una “espansione ideale dell’area di rispetto pertinente al soggetto interessato”, ma un contenitore fisico di elementi (cartacei e non) solo indirettamente riferibili alla persona.
Fonte: www.tuttocamere.it
REVISIONE LEGALE – Emanato il nuovo regolamento di attuazione della disciplina in materia di esame di idoneità per l’abilitazione all’esercizio della professione
E’ stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 103 del 4 maggio 2016, il Decreto 19 gennaio 2016, n. 63, recante “Regolamento recante attuazione della disciplina legislativa in materia di esame di idoneità professionale per l’abilitazione all’esercizio della revisione legale”.
Il decreto, emanato ai sensi dei commi 4 e 4-bis, dell’art. 4, del D.Lgs. n. 39/2010 ed in vigore dal 19 maggio 2016, detta le modalità di svolgimento dell’esame per l’iscrizione nel Registro dei revisori legali.
L’esame previsto dall’articolo 4 del D.Lgs. n. 39/2010, consiste in prove scritte e orali dirette ad accertare il possesso delle conoscenze teoriche necessarie all’esercizio dell’attività di revisione legale e della capacità di applicare concretamente tali conoscenze, e verte sulle materie indicate al comma 1 dell’art. 1 del nuovo decreto (art. 1).
Il decreto, dopo aver indicato, all’art. 2, i requisiti richiesti per l’ammissione all’esame, all’art. 3, indica le modalità di presentazione della domanda. Questa, in regola con l’imposta di bollo, deve essere indirizzata al Ministero dell’Economia e delle Finanze, entro il termine perentorio di giorni trenta dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto che indice l’esame.
La domanda può essere presentata con modalità telematiche o digitali, ovvero a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso gli effetti si producono dalla data di spedizione.
Alla domanda dovranno essere allegati:
– i titoli attestanti il possesso dei requisiti;
– l’attestazione del versamento del contributo esame ammontante a euro 100,00.
Il decreto disciplina altresì la composizione e la nomina della commissione esaminatrice con i relativi adempimenti (art. 4), le materie delle prove di esame, che consistono in tre prove scritte ed una prova orale, e le modalità di svolgimento delle prove dia scritte che orali (art. 5).
Sono ammessi alle prove orali i candidati che hanno ottenuto un punteggio pari o superiore a diciotto trentesimi di voto in ciascuna prova scritta (art. 10).
All’art. 12 viene dettata la seguente norma transitoria: fino alla data della prima ordinanza del Ministero dell’Istruzione che dovrà indire le due sessioni di esame di abilitazione all’esercizio della professione, successiva all’entrata in vigore del presente regolamento, l’ammissione all’esame per l’iscrizione al registro dei revisori ed i relativi esoneri restano disciplinati dagli articoli 3, 4 e 5 del D.Lgs . n. 88 del 1992 e dalle relative disposizioni attuative.
Resta fermo, altresì, il possesso dei requisiti previsti dall’articolo 1, comma 1, lettere, a), b) e c) del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze 20 giugno 2012, n. 145, al momento della presentazione dell’istanza, e precisamente:
- a) i requisiti di onorabilità individuati all’articolo 3;
- b) la laurea almeno triennale tra quelle indicate all’articolo 2;
- c) il tirocinio triennale disciplinato dal Regolamento di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39.
Fonte: www.tuttocamere.it
CATASTO – Addio gli archivi cartacei degli atti di aggiornamento
Con il Comunicato Stampa del 2 maggio 2016 l’Agenzia delle Entrate dà l’addio ufficiale all’archiviazione cartacea degli atti di aggiornamento catastale a favore di quella informatica nell’ambito del Sistema di Conservazione dei Documenti digitali (SCD).
Una novità che attua quanto previsto dal nuovo Codice dell’amministrazione digitale e che porterà vantaggi sia per l’Agenzia che per le categorie professionali e i cittadini, in un’ottica di trasparenza, efficienza e spending review.
Dal 1° giugno 2015, è stata resa obbligatoria per i tecnici professionisti la trasmissione telematica degli atti di aggiornamento catastale Pregeo (PREtrattamento atti GEOmetrici) e Docfa (Documenti catasto fabbricati).
Dal 2 maggio 2016, per il catasto terreni, sono conservati digitalmente gli atti di aggiornamento redatti con la procedura Pregeo, insieme all’eventuale documentazione integrativa, nonché gli attestati di approvazione e di annullamento degli stessi, firmati digitalmente dal direttore dell’ufficio o da un suo delegato.
Per gli atti del catasto fabbricati, redatti con la procedura Docfa, la conservazione digitale viene invece effettuata direttamente dalle applicazioni informatiche, che gestiscono i documenti firmati digitalmente. Gli uffici, entro i termini previsti dalle vigenti disposizioni, provvederanno a effettuare i successivi controlli.
LINK:
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/nsilib/nsi/home/servizi+online/serv_terr
Fonte: www.tuttocamere.it
PERMESSO DI SOGGIORNO ELETTRONICO (PSE 380) – Fissati i nuovi importi per il rilascio e il rinnovo
L’importo delle spese per la produzione e la spedizione del nuovo permesso di soggiorno elettronico «PSE 380», nonchè per la manutenzione necessaria all’espletamento dei servizi connessi, da porre a carico dei soggetti richiedenti il documento, è determinato in euro 24,56, I.V.A. esclusa.
A questo importo, maggiorato dell’IVA, va aggiunta la commissione di euro 0,50, esente dall’I.V.A., prevista dalla Convenzione, tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze e le Poste italiane S.p.A. del 17 luglio 2015.
Gli importi di cui sopra sono riscossi all’atto della presentazione della richiesta del permesso di soggiorno elettronico, mediante versamento sul conto corrente postale n. 67422402 intestato al Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro, con causale «importo per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico».
Lo ha stabilito il decreto interministeriale 10 marzo 2016, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 97 del 27 aprile 2016.
Dunque, il nuovo prezzo per il rilascio del PSE 380 passa dai precedenti euro 27,50 agli attuali euro 30,46, con un aumento di euro 2,96.
E’ rimasto invariato, per il momento, il contributo previsto dall’art. 1, comma 1, lettere a), b) e c) del D.M. 6 ottobre 2011 (dell’importo di 80, 100 e 200 euro a seconda della tipologia di permesso di soggiorno richiesto).
A detti costi vanno aggiunti:
– il corrispettivo dovuto a Poste italiane per la spedizione della raccomandata di euro 30,00 e
– la marca da bollo dell’importo di euro 16,00.
Ricapitolando, a partire dal 28 aprile 2016 i costi complessivi per il rilascio del permesso di soggiorno sono i seguenti:
– 156,46 euro (80 + 30,46 + 30,00 + 16,00): richiedenti permesso di soggiorno di durata superiore a tre mesi e inferiore o pari ad un anno;
– 176,46 euro (100 + 30,46 + 30,00 + 16,00): richiedenti permesso di soggiorno di durata superiore a un anno e inferiore o pari a due anni;
– 276,46 euro (200 + 30,46 + 30,00 + 16,00): richiedenti permesso di soggiorno CE per “soggiornanti di lungo periodo”, dirigenti di azienda o dipendenti altamente qualificati.
Sono tenuti al pagamento del solo contributo di euro 30,46 (costo del permesso di soggiorno in formato elettronico) le seguenti categorie di stranieri:
– cittadini stranieri regolarmente presenti sul territorio nazionale di età inferiore ai 18 anni;
– cittadini stranieri, figli minori che fanno ingresso per ricongiungimento familiare;
– cittadini stranieri che entrano nel territorio nazionale per ricevere cure mediche, nonchè loro accompagnatori,
– cittadini stranieri richiedenti il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari;
– cittadini stranieri richiedenti l’aggiornamento o la conversione del permesso di soggiorno in corso di validità.
Non possiamo non ricordare che, a proposito di questi diritti imposti dall’Italia, la Corte di Giustizia dell’Unione europea – accogliendo un ricorso presentato da INCA e CGIL – con sentenza del 2 settembre 2015, definì il contributo richiesto dalla normativa italiana come “sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva” e “atto a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti da quest’ultima”.
Nonostante questo, il nostro legislatore, anziché adeguarsi abbassando l’importo del contributo in questione, continua “senza alcun pudore” ad imporre un ulteriore balzello.
Fonte: www.tuttocamere.it
AVVOCATI – Via libera alla pubblicità on line – Modificato il comma 1 dell’art. 35 del Codice deontologico forense
L’avvocato che da’ informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale.
E’ questo il testo del nuovo comma 1, dell’art. 35 del Codice deontologico forense, approvato dal Consiglio Nazionale Forense (CNF) nella seduta amministrativa del 22 gennaio 2016, preso atto dell’esito delle procedure di consultazione di cui alla precedente delibera del 23 ottobre 2015.
E’ stato, infatti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2016, il Comunicato del Consiglio nazionale forense (CNF) con il quale si rende noto il nuovo testo dell’art. 35 del codice deontologico forense in seguito alla modifica deliberata nella seduta amministrativa del 23 ottobre 2015.
Dunque, d’ora in poi sarà possibile per gli avvocati fare pubblicità on line.
Nella stessa seduta è stata altresì deliberata l’abrogazione dei comma 9 e 10 del medesimo articolo 35, che contenevano uno specifico riferimento alla disciplina dei siti web.
Questo il testo dei due commi abrogati:
“9. L’avvocato può utilizzare, a fini informativi, esclusivamente i siti web con domini propri senza reindirizzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del sito stesso.
- L’avvocato è responsabile del contenuto e della sicurezza del proprio sito, che non può contenere riferimenti commerciali o pubblicitari sia mediante l’indicazione diretta che mediante strumenti di collegamento interni o esterni al sito”.
Fonte: www.tuttocamere.it
ROAMING – L’Unione europea taglia ancora – Dal 2017 abolizione definitiva
Dal 30 aprile 2016 nuova stretta sulle tariffe di terminazione internazionali per il mobile. Dal 2017 ci sarà l’abolizione definitiva. I cittadini europei, quindi, potranno muoversi da una nazione all’altra effettuando chiamate e collegandosi alla Rete in roaming agli stessi prezzi praticati dall’operatore telefonico nazionale.
Il roaming viene utilizzato in particolare dagli operatori telefonici di telefonia cellulare per permettere agli utenti mobili di collegarsi tra loro eventualmente utilizzando anche una rete non di loro proprietà dietro una quota di pagamento all’altro operatore.
Ciò può accadere ad esempio quando l’utente si trova all’estero e l’operatore telefonico non possiede una rete propria (“roaming internazionale”) oppure quando l’utente si trova nel paese di origine dell’operatore telefonico, ma questo non possiede una copertura totale della nazione (in entrambi i casi l’operatore si appoggia su reti telefoniche appartenenti ad altri operatori, nazionali o esteri), oppure semplicemente quando l’utente destinatario appartiene alla rete di un altro operatore telefonico.
Attraverso il roaming, quindi, l’operatore consente all’utente la possibilità di utilizzare il servizio in tutta la nazione e oltre.
Il cammino verso la fine del roaming all’interno dell’Unione Europea è in pieno svolgimento da ormai diversi anni a questa parte.
Dal 30 aprile 2016, i costi del roaming sono scesi in modo molto significativo all’interno dell’Europa. Rispetto a quanto in vigore fino a oggi, il calo è significativo: il sovrapprezzo massimo che si applica a decorrere da tale data è di 5 centesimi per le chiamate, 2 centesimi per gli SMS e 5 centesimi per ogni megabyte di navigazione rispetto alle tariffe in vigore in patria. Tutte le cifre sono IVA esclusa.
Ricordiamo, infatti, che dal 1° luglio 2014 è stata applicata una riduzione di quasi il 60%: per queste tre categorie di traffico, si partiva rispettivamente da 19, 6 e 20 centesimi. Il taglio è stato, quindi, sensibile e dovrebbe semplificare non poco la vita a chi si dovrà recare all’estero (purché rimanga in Europa o Paesi aderenti, 31 in tutto: 28 Paesi dell’Unione europea, più Svizzera, Norvegia e Islanda), per lavoro o in vacanza.
Il 2017 segnerà invece definitivamente il tramonto del balzello: dal 15 giugno del 2017 si potrà chiamare e navigare esattamente con la stessa tariffa che si utilizza nel Paese di provenienza, fatte salve eventuali tariffe e offerte specifiche per la permanenza all’estero disposte dagli operatori.
L’unica limitazione decisa dalla Commissione Europea, è la clausola di “salvaguardia di utilizzo corretto”, allo scopo dichiarato di prevenire abusi come il “roaming permanente”. Gli utenti, infatti, non potranno assolutamente acquistare una scheda SIM in un altro Paese per utilizzarla nel proprio beneficiando quindi di costi inferiori. In questi casi, infatti, gli operatori telefonici potranno applicare delle tariffe extra per rientrare delle spese sostenute dagli utenti colpevoli di voler aggirare le regole.
In altre parole, non si potrà acquistare una SIM tedesca per navigare costantemente in Italia, per sfruttare eventuali condizioni più favorevoli: chi risiede in Italia dovrà comunque utilizzare una SIM distribuita da un operatore italiano, e verrà avvantaggiato solo durante gli spostamenti.
Fonte: www.tuttocamere.it
REGISTRO DELLE IMPRESE – Indirizzi PEC inattivi – Emesso il primo provvedimento di revoca/cessazione da parte di un Giudice del Registro
Sull’argomento siamo già intervenuti nelle newsletter n. 8 del 20 febbraio 2016 (Punto n. 7) e n. 11 del 12 marzo 2016 (Punto n. 6), ricordando che l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC), obbligatoriamente comunicata al Registro delle imprese dalle società e dalle imprese individuali, deve essere attiva, non deve, cioè, essere scaduta o revocata. In caso contrario l’impresa ha l’obbligo di comunicare all’Ufficio del Registro delle imprese un nuovo indirizzo PEC dell’impresa valido e attivo, dopo averlo richiesto ad uno dei gestori abilitati iscritti nell’elenco pubblicato sul sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale.
Secondo quanto disposto dalla Direttiva 2608 del 27 aprile 2015 (in vigore dal 13 luglio 2015), emanata dal Ministero dello Sviluppo Economico, d’intesa con il Ministero della Giustizia, l’ufficio del Registro delle imprese ha l’obbligo di verificare, con modalità automatizzate e con periodicità almeno bimestrale, se le caselle di posta elettronica certificata (PEC) relative agli indirizzi iscritti nel Registro stesso risultino attive. In caso negativo, l’ufficio dovrà invitare l’impresa interessata a presentare domanda di iscrizione di un nuovo indirizzo di posta elettronica certificata entro un termine non superiore a dieci giorni, decorso il quale l’ufficio dovrà procedere, sensi dell’articolo 2191 del Codice civile, alla cancellazione dell’indirizzo in questione.
A tale proposito, vogliamo segnalare che, con decreto in data 12 aprile 2016, RG 3790, il Giudice del Registro delle Imprese presso il Tribunale di Milano ha disposto, in conformità di un provvedimento amministrativo adottato dal Conservatore del Registro delle Imprese in data 5 febbraio 2016, che si proceda all’iscrizione d’ufficio, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2190 Codice civile, della revoca/cessazione degli indirizzi PEC relativi a 20.559 imprese e società indicate in apposito allegato, in ragione della intervenuta revoca o cessazione dei medesimi indirizzi PEC.
Nel decreto il Giudice ha anche disposto che la notifica avvenga mediante pubblicazione del provvedimento nell’albo camerale on line della Camera di Commercio di Milano, per sette giorni consecutivi, dalla cui scadenza decorrerebbero poi i quindici giorni per l’eventuale presentazione del ricorso al Tribunale ai sensi dell’art. 2192 Codice civile.
Fonte: www.tuttocamere.it
DIRITTO ANNUALE 2016 – Informativa via PEC – Importi ridotti del 40% rispetto al 2014 -Pagamento con due modalità entro il 16 giugno – Disponibile nuovo servizio online
Per l’anno 2016 il Sistema camerale italiano ha introdotto alcune importanti novità per il pagamento del diritto annuale.
La prima riguarda la trasmissione della consueta informativa relativa al pagamento del diritto annuale 2016. Nel rispetto delle recenti normative, l’informativa sarà inviata utilizzando esclusivamente il canale di invio tramite Posta elettronica certificata (PEC) alla casella dichiarata dall’impresa al Registro delle imprese. Pertanto nessuna informativa cartacea, tranne che per un numero limitato di soggetti quali i soggetti c.d. “only REA” e i Consorzi che al momento risultano ancora esclusi dall’obbligo di munirsi di P.E.C.
Le imprese che dovessero riceverla in formato cartaceo, a causa di una PEC non più valida, dovranno provvedere al più presto a ripristinarne la validità e/o a comunicare una nuova casella PEC al Registro delle Imprese.
La seconda riguarda la messa a disposizione di tutte le imprese di un nuovo sito internet di informazione e calcolo del diritto annuale da versare (http://dirittoannuale.camcom.it)
Da questo sito le imprese potranno:
– consultare le pagine informative sulla Camera di Commercio ed i servizi da questa erogati;
– avere accesso alla normativa di riferimento sul diritto annuale;
– calcolare l’esatto importo da versare alla scadenza ordinaria del versamento;
– ottenere la risultanza del calcolo direttamente al proprio indirizzo di posta elettronica certificata;
– procedere al pagamento del diritto dovuto per il 2016 attraverso la piattaforma Pago PA, in alternativa al modello F24.
L’accesso sarà possibile da parte di tutte le imprese senza necessità di autenticazione. Sarà sufficiente indicare il proprio Codice fiscale e la casella PEC per la ricezione in automatico degli estremi di calcolo ed eventuale ricevuta di versamento. Nel caso di soggetti che non hanno l’obbligo della PEC sarà sufficiente indicare una casella di posta elettronica non certificata.
Alcuni suggerimenti importanti.
Le imprese già iscritte o annotate nel Registro delle Imprese e i soggetti iscritti nel REA (Repertorio Economico Amministrativo) al 1° gennaio 2016 devono versare il diritto annuale 2016 alla Camera di Commercio di competenza (dove risulta iscritta la Sede e/o le unità locali) entro il termine previsto per il pagamento del primo acconto delle imposte sui redditi, ovvero entro il 16 giugno 2016.
Le misure del diritto annuale dovuto dalle imprese alle Camere di Commercio per l’anno 2016 sono state fissate dal decreto interministeriale 8 gennaio 2015. Gli importi dovuti per il 2016 sono sinteticamente riportati nella nota circolare del Ministero dello Sviluppo Economico del 22 dicembre 2015, Prot. 279880.
Ricordiamo che, l’art. 28 della L. n. 114/2014, di conversione del D.L. n. 90/2014, ha previsto una riduzione graduale dell’importo del diritto annuale delle Camere di Commercio. Nelle more del riordino del sistema delle Camere di Commercio, l’importo del diritto annuale, come determinato per l’anno 2014, è stato ridotto, per l’anno 2015, del 35 per cento, per l’anno 2016, del 40 per cento e, a decorrere dall’anno 20 17, del 50 per cento.
Nel corso del mese di maggio tutte le imprese iscritte alla data del 31 dicembre dell’anno precedente ricevono, da parte delle Camere di Commercio, una comunicazione – tramite posta elettronica certificata (PEC) – che illustra le modalità di versamento del diritto annuale. Il recapito delle informative via PEC sarà concluso entro il 31 maggio 2016.
Il pagamento deve essere eseguito in unica soluzione con F24 (disponibile in due diversi modelli: F24 semplificato e F24 classico) o attraverso la piattaforma Pago PA, in alternativa al modello F24.
Se il pagamento non viene effettuato entro il 16 giugno 2016, è possibile effettuarlo entro il trentesimo giorno successivo alla scadenza ordinaria suddetta, e cioè entro il 16 luglio 2016, maggiorando l’importo dello 0,40% (con arrotondamento al centesimo di euro), a titolo di interesse corrispettivo.
Per le imprese che hanno sedi secondarie o unità locali in più Province, prima di calcolare l’importo da pagare, verificare se la Camera di Commercio interessata ha provveduto ad un eventuale maggiorazione degli importi del diritto annuale.
Le imprese e i soggetti che hanno trasferito la sede legale da una provincia a un’altra dopo il 1° gennaio 2016, versano il diritto 2016 per la sede alla sola Camera di Commercio di provenienza.
Entro un anno dalla scadenza ordinaria del 16 giugno 2016, salvo proroghe, il diritto annuale potrà ancora essere regolarizzato con ravvedimento operoso.
Attenzione alle richieste ingannevoli e ai falsi bollettini !!
LINK:
http://dirittoannuale.camcom.it/cada-new/#headers
Fonte: www.tuttocamere.it
CAMPAGNA BILANCI – Omesso deposito del bilancio d’esercizio – Minata la trasparenza e la completezza della pubblicità del Registro imprese – Iniziative di alcune Camere di Commercio per il recupero dei bilanci non depositati
Ai sensi dell’art. 2435 Codice civile, il deposito del bilancio d’esercizio rappresenta un preciso obbligo a carico degli amministratori da assolvere, in via telematica, entro 30 giorni dall’approvazione da parte dell’Assemblea dei soci dei documenti relativi: verbale (art. 2435, comma 1 del c.c.), relazione sulla gestione (art. 2428 c.c.), ed eventuale relazione dei sindaci e dei revisori (art. 2429 c.c.).
Per la presentazione delle situazioni patrimoniali dei consorzi (senza la qualifica di “confidi”) il termine è di 2 mesi dalla chiusura dell’esercizio (art. 2615 bis C.C.).
L’omessa presentazione del bilancio e dell’elenco soci nei termini è punita con sanzione amministrativa pecuniaria. Secondo quanto stabilito dall’art. 2630 Codice civile “Chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese, […] è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro. Se la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un terzo. Se si tratta di omesso deposito dei bilanci, la sanzione amministrativa p ecuniaria è aumentata di un terzo”.
Le sanzioni pecuniarie colpiscono “chiunque sia tenuto dalla legge agli adempimenti previsti a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio” (amministratori, liquidatori e sindaci) e prevedono nel caso di ritardato o omesso deposito del bilancio, per ciascun membro del Consiglio di amministrazione, a prescindere dalle deleghe attribuite, e, se presenti, per ciascun sindaco, il pagamento:
– da 45,78 a 458,67 euro nel caso di differimenti non superiori ai 30 giorni rispetto ai termini statuiti;
– da 137,33 a 1.376,00 euro nel caso di ritardi superiori.
I responsabili possono avvalersi dell’istituto dell’oblazione che prevede la riduzione della sanzione da un minimo di 91,56 euro ad un massimo di 274,66 euro versando i relativi importi entro il 60° giorno successivo alla contestazione.
Alcune Camere di Commercio, dopo aver constatato ”una significativa percentuale di inadempienti per le imprese soggette a tale obbligo”, hanno avviato – ai fini della trasparenza e completezza della pubblicità del Registro delle Imprese – una serie di iniziative finalizzate al recupero dei bilanci non depositati.
Citiamo la Camera di Commercio di Modena, la quale, per dare piena attuazione al principio di completezza della pubblicità che regge tale Registro (ex art. 8 della L. 580/1993 e s.m.i.), già nel corso del 2015 ha inviato una informativa via PEC alle imprese interessate al fine di verificare tali situazioni.
Nel proseguire con tali finalità – si legge nel comunicato – “a partire dalla Campagna Bilanci 2016, si continua con tale azione di sensibilizzazione e l’Ufficio del Registro delle Imprese verificherà per ogni pratica di bilancio se siano stati depositati o meno anche i bilanci degli anni precedenti e, in caso di esito negativo, sospenderà formalmente il procedimento chiedendo di depositarli o a fornire giustificazioni in merito”.
Tutte le società interessate sono pertanto invitate a verificare la propria posizione e, se il caso, a provvedere all’invio telematico dei bilanci di esercizio regolarmente approvati, ma per qualsiasi motivo non ancora depositati rispettando l’ordine cronologico degli esercizi di riferimento, iniziando dal bilancio relativo all’esercizio più vecchio.
Fonte: www.tuttocamere.it
SCRITTURE CONTABILI – Sentenza della Corte di Cassazione in merito all’obbligo di conservazione decennale della documentazione contabile
L’ultrattività dell’obbligo di conservazione delle scritture contabili ovvero la sua estensione oltre il termine decennale si impone non già in via generale ma solo se l’accertamento che sia iniziato prima del decimo anno non sia stato ancora definito.
Il principio è contenuto nella Sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Civile, n. 9834, depositata il 13 maggio 2016, da cui emerge che – così come testualmente previsto dal comma 5, dell’art. 8, della legge n. 212 del 27 luglio 2000 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente) – “l’obbligo di conservazione di atti e documenti, stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione”.
Tale principio, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della medesima legge n. 212/2000, costituisce “principio generale dell’ordinamento tributario”.
In particolare, osservano i Supremi Giudici, la tesi erariale sostenuta dall’Agenzia delle Entrate non trova il conforto della legge, dal momento che l’art. 22, comma 2, D.P.R. n. 600/1973, laddove prevede che “le scritture contabili obbligatorie ai sensi del presente decreto, di altre leggi tributarie o di leggi speciali devono essere conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi ai corrispondente periodo di imposta, anche oltre il termine stabilito dall’art. 2220 o da altre leggi tributarie“, deve essere interpretato in armonia al dettato letterale di esso, nonché, partitamente, in ossequio al principio specifico più generalmente previsto dall’art. 8, comma 5, della legge n. 212/2000, nel senso che “l’ultrattività dell’obbligo di conservazione ovvero la sua estensione oltre il termine decennale dell’art. 2220 C.C. – ed ora pure del citato art. 8, comma 5 – si impone non già in via generale – di modo che se ne possa affermare l’inosservanza anche quando, come qui, il termine decennale sia spirato prima che l’accertamento abbia avuto luogo – ma solo se l’accertamento che sia iniziato prima del decimo anno non sia stato ancora definito, diversamente derivandone, se non un’interpretazione sostanzialmente abrogatrice della norma, un’applicazione di essa influenzata da un forte indice di discrezionalità, nel senso che potendo l’amministrazione procedere all’accertamento nei termini dell’art. 43, D.P.R. n. 600/1973, l’obbligo di conservazione, scaduto il periodo decennale, si protrarrebbe sino alla scadenza dei termini anzidetti per una durata che dipende esclusivamente dalla volontà dell’ufficio, rispetto alla quale il contribuente non avrebbe altra difesa che conservare le scritture sine die”.
Fonte: www.tuttocamere.it
MULTA PER SOSTA SULLE STRISCE BLU – Quando è nulla? Alcuni chiarimenti dalla Corte di Cassazione
Per essere valide, e non poter essere annullate, le multe per sosta sulle strisce blu senza pagare le tariffe previste devono obbligatoriamente rispettare alcune condizioni: nelle vicinanze devono esserci aree di sosta gratuite oppure la zona deve essere stata annoverata dal Comune come area storica o di pregio ambientale.
Lo conferma la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8282/2016, pubblicata il 27 aprile 2016, offrendo agli automobilisti alcuni strumenti per poter contestare le multe ed evitare il pagamento ovviamente previa verifica di questi due presupposti.
Quindi la multa all’automobilista che ha lasciato l’auto sulle strisce blu, senza pagare il tagliando, è nulla se nelle immediate vicinanze del luogo dove il conducente ha parcheggiato non sono presenti aree di sosta gratuite e al contempo se il Comune non riesce a dimostrare che la zona interessata è tra quelle di particolare valore storico o di particolare pregio ambientale.
L’onere della prova, in una eventuale causa davanti al giudice di Pace per la contestazione / impugnazione della multa, è diviso come segue: l’automobilista deve dimostrare, con delle foto, che nella zona in questione le strisce blu non sono alternate a strisce bianche anche in strade limitrofe e non necessariamente sulla stessa via. A quel punto se il Comune non vuole perdere la causa deve mostrare, se esiste, l’ordinanza con cui l’area in questione è classificata tra quelle di maggior pregio storico o ambientale.
La medesima sentenza chiarisce un altro punto importante: la multa per mancata esposizione del tagliandino di pagamento può essere contestata se il parcheggio è stato effettivamente pagato ma la ricevuta viene esposta altrove (ad esempio nel sedile dell’auto).
In casi come questi, tuttavia, viene stabilita la compensazione delle spese di lite anche a carico del cittadino, che in ogni caso dovrebbe sempre fare in modo che il tagliando di pagamento sia facilmente identificabile da chi di dovere.
Fonte: www.tuttocamere.it
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